Il testo dell'Exultet che si legge ancora oggi nel corso della veglia pasquale
discende da una redazione duecentesca fissata da papa Innocenzo III. A sua volta,
questo si fonda su una tradizione più antica, rimasta pressoché
invariata nel corso dei secoli. Soltanto nell'Italia meridionale l'Exultet ha
conosciuto agli albori del suo utilizzo una diversa redazione, denominata "testo
di Bari" o della Vetus Itala. Essa conteneva una formula variata nella
prefazio che è stata successivamente normalizzata nel corso del XII secolo
sulla base dell' ordo romano . Soltanto nella parte finale il testo seguiva
varianti di volta in volta diverse: esso si concludeva infatti con le commemorazioni
liturgiche, cioè formule di intercessione per il clero, i fedeli, i papi,
i sovrani e le autorità locali. Poiché nel corso degli anni si
potevano avere serie diverse di reggenti, spettava al diacono ricordare o leggere
il nome della autorità del momento, che di solito veniva appuntata sul
rotolo mediante note mnemoniche. Queste ultime offrono oggi preziosi indizi
per la datazione e la provenienza dei rotoli.
Esulti il coro egli angeli, esulti l'assemblea
celeste:
un inno di gloria saluti il trionfo del Signore risorto.
Gioisca la terra inondata da così grande
splendore;
la luce del Re eterno ha vinto le tenebre del mondo.
Gioisca la madre Chiesa, splendente della gloria
del suo Signore,
e questo tempio tutto risuoni
per le acclamazioni del popolo in festa.
[(E voi, fratelli carissimi,
qui radunati nella solare chiarezza di questa nuova luce,
invocate con me la misericordia di Dio onnipotente.
Egli che mi ha chiamato, senza alcun merito,
nel numero dei suoi ministri, irradi il suo mirabile fulgore,
perché sia piena e perfetta la lode di questo cero.)]
[Il Signore sia con voi.
E con il tuo spirito.]
In alto i nostri cuori.
Sono rivolti al Signore.
Rendiamo grazie al Signore, nostro Dio.
E' cosa buona e giusta.
E' veramente cosa buona e giusta
esprimere con il canto l'esultanza dello spirito,
e inneggiare al Dio invisibile, Padre onnipotente,
e al suo unico Figlio, Gesù Cristo nostro Signore.
Egli ha pagato per noi all'eterno Padre il debito
di Adamo,
e con il sangue sparso per la nostra salvezza
ha cancellato la condanna della colpa antica.
Questa è la vera Pasqua, in cui è
ucciso il vero Agnello,
che con il suo sangue consacra le case dei fedeli.
Questa è la notte in cui hai liberato
i figli di Israele, nostri padri,
dalla schiavitù dell'Egitto,
e li hai fatti passare illesi attraverso il Mar Rosso.
Questa è la notte in cui hai vinto le
tenebre del peccato
con lo splendore della colonna di fuoco.
Questa è la notte che salva su tutta la
terra i credenti nel Cristo
dall'oscurità del peccato e dalla corruzione del mondo,
li consacra all'amore del Padre
e li unisce nella comunione dei santi.
Questa è la notte in cui Cristo, spezzando
i vincoli della morte,
risorge vincitore dal sepolcro.
(Nessun vantaggio per noi essere nati, se lui non ci avesse redenti.)
O immensità del tuo amore per noi! O inestimabile
segno di bontà:
per riscattare lo schiavo, hai sacrificato il tuo Figlio!
Davvero era necessario il peccato di Adamo,
che è stato distrutto con la morte del Cristo.
Felice colpa, che meritò di avere un così grande redentore!
(O notte beata, tu sola hai meritato di conoscere
il tempo e l'ora in cui Cristo è risorto dagli inferi.
Di questa notte è stato scritto: la notte
splenderà come il giorno,
e sarà fonte di luce per la mia delizia.)
Il santo mistero di questa notte sconfigge il
male,
lava le colpe, restituisce l'innocenza ai peccatori,
la gioia agli afflitti.
(Dissipa l'odio, piega la durezza dei potenti,
promuove la concordia e la pace.)
O notte veramente gloriosa,
che ricongiunge la terra al cielo e l'uomo al suo creatore!
In questa notte di grazia accogli, Padre santo,
il sacrificio di lode,
che la Chiesa ti offre per mano dei suoi ministri,
nella solenne liturgia del cero,
frutto del lavoro delle api, simbolo della nuova luce.
(Riconosciamo nella colonna dell'Esodo
gli antichi presagi di questo lume pasquale
che un fuoco ardente ha acceso in onore di Dio.
Pur diviso in tante fiammelle non estingue il suo vivo splendore,
ma si accresce nel consumarsi della cera
che l'ape madre ha prodotto
per alimentare questa preziosa lampada.)
Ti preghiamo, dunque, Signore, che questo cero,
offerto in onore del tuo nome
per illuminare l'oscurità di questa notte,
risplenda di luce che mai si spegne.
Salga a te come profumo soave,
si confonda con le stelle del cielo.
Lo trovi acceso la stella del mattino,
questa stella che non conosce tramonto:
Cristo, tuo Figlio, che risuscitato dai morti
fa risplendere sugli uomini la sua luce serena
e vive e regna nei secoli dei secoli. Amen
Latino
Exultet iam angelica turba caelorum! Exultent divina mysteria, et pro tanti
regis victoria tuba intonet salutaris. Gaudeat se tantis Tellus inradiata fulgoribus,
et aeterni regis splendore lustrata, totius orbis se sentiat amisisse caliginem.
Laetetur et Mater Ecclesia, tanti luminis adornata fulgore, et magnis populorum
vocibus haec aula resultet. Quapropter adstantibus vobis, fratres carissimi,
ad tam miram sancti huius luminis claritatem, una mecum, quaeso, Dei omnipotentis
misericordiam invocate. Ut qui me, non meis meritis, intra levitarum numerum
dignatus est adgregare, luminis sui gratia infundente, cerei huius laudem implere
praecipitat. Per (..) Vere qui dignum et iustum est invisibilem Deum omnipotentem
Patrem, Filiumque unigenitum Dominum nostrum Iesum Christum, toto cordis ac
mentis adfectu at voci ministerio personare, qui pro nobis aeterno Patri Adae
debitum solvit et veteris piaculi cautionem pio cruore detersit. Haec sunt enim
festa paschalium, in quibus verus ille agnus occiditur eiusque sanguis postibus
consecratur. Haec nox est in qua primum patres nostros, filios Israel, educens
de Aegypto, Rubrum mare sicco vestigio transire fecisti. Haec igitur nox est,
quae peccatorum tenebras columnae inluminatione purgavit. Haec nox est, quae
hodie per universum mundum in Christo credentes, a vitiis saeculi segregatos
et caligine peccatorum, reddit gratiae, sociat sanctitati. Haec nox est, in
qua destructis vincolis mortis, Christus ab inferis victor ascendit. Nihil enim
nobis nasci profuit, nisi redimi profuisset. O mira circa nos tuae pietatis
dignatio! O inaestimabilis dilectio caritatis: ut servum redimeres, filius tradidisti!
O certe necessarium Adae peccatum, quod Christi morte deletum est! O felix culpa,
quae talem ac tantum meruit habere redemptorem! O beata nox, quae sola meruit
scire tempus et horam in qua Christus ab inferis resurrexit. Haec nox est, de
qua scriptum est: Et nox ut dies inluminabitur, et: Nox inluminatio mea in deliciis
meis. Huius igitur sanctificatio noctis fugat scelera, culpas lavat et reddit
innocentiam lapsis, maestis laetitiam; fugat odia, concordiam parat et curvat
imperia. In huius igitur noctis gratia, suscipe, sancte Pater, incensi huius
sacrificium vespertinum, quod tibi in hac cerei oblatione solemni, per ministrorum
manus, de operibus apum, sacrosancta reddit Ecclesia. Sed iam columnae huius
praeconia novimus, quam in honore Dei rutilans ingnis accendit. Qui licet divisus
in partes, mutuati luminis detrimenta non novit: alitur liquantibus ceris quas
in substantiam pretiosae huius lampadis apis mater eduxit. Apis ceteris, quae
subiecta sunt homini animantibus antecellit. Cum sit minima corporis parvitate,
ingentes animos angusto versat in pectore, viribus imbecilla sed fortis ingenio.
Haec explorata temporum vice, cum canitiem pruinosa hiberna posuerint, et glaciale
senium verni temporis moderata deterserint, statim prodeundi ad laborem cura
succedit; dispersaque per agros, libratis paululum pinnibus, cruribus suspensis
insidunt, prati ore legere flosculos; oneratis victualibus suis, ad castra remeant,
ibique aliae inaestimabili arte cellulas tenaci glutino instruunt, aliae liquantia
mella stipant, aliae vertunt flores in ceram, aliae ore natos fingunt, aliae
collectis et foliis nectar includunt. O vere beata et mirabilis apis, cuius
nec sexum masculi violant, foetus non quessant, nec filii destruunt castitatem;
sicut sancta concepit virgo Maria, virgo peperit et virgo permansit. O vere
beata nox, que expoliavit Aegyptos, ditavit Hebraeos; nox in qua terrenis caelestia
iunguntur. Oramus te, Domine, ut cereus iste, in honore nominis tui consecratus,
ad noctis huius caliginem destruendam indeficiens persevert. In odorem suavitatis
acceptus, supernis luminaribus miseatur. Flammas eius Lucifer matutinus inveniat,
ille inquam Lucifer qui nescit occasum; ille qui regressus ab inferis, humano
generi sereno inluxit. Precamur ergo te, Domine (...)
Italiano
Esulti ormai l'angelica schiera dei cieli!
Esultino i ministri divini, e per la vittoria di sì gran re risuoni la
tromba salvifica.
Gioisca la Terra irradiata da tanti fulgori e, illuminata dallo splendore del
re eterno, senta di essersi liberata dalla tenebra in tutta la sua estensione.
Si rallegri anche la madre Chiesa, adornata dallo splendore di tanta luce, e
quest'aula echeggi delle alte voci dei fedeli.
Perciò, o fratelli carissimi, essendo voi presenti a sì meravigliosa
luce di questa santa fiamma, invocate insieme con me, vi prego, la misericordia
di Dio onnipotente; affinché colui il quale, non per meriti miei, si
degnò di pormi tra il numero dei leviti, travasandosi la grazia della
sua luce, mi insegni a compiere la lode di questo cero.
Per (il nostro signore Gesù Cristo..) Perché è cosa veramente
degna e giusta con tutto lo slancio del cuore e della mente e con l'ausilio
della voce proclamare la gloria di Dio invisibile Padre onnipotente e del Figlio
unigenito nostro Signore Gesù Cristo, il quale in nostra vece pagò
all'Eterno Padre il debito di Adamo e col sangue innocente cancellò l'obbligazione
contratta con l'antico peccato.
Sono queste, infatti, le feste pasquali, in cui è sacrificato il vero
agnello e il suo sangue è destinato alle porte.
È questa la notte in cui, conducendo fuori dall'Egitto i nostri padri,
figli d'Israele, li facesti passare attraverso il Mar Rosso a piedi asciutti.
È questa dunque la notte che ha rimosso le tenebre del peccato con la
luce della colonna di fuoco. È questa la notte che i credenti in Cristo,
allontanati dai vizi del mondo e dalle tenebre del peccato, oggi in tutto il
mondo restituisce alla grazia, riunisce alla santità.
E questa la notte in cui, spezzate le catene della morte, Cristo risorge vittorioso
dagli inferi.
A nulla avrebbe giovato a noi l'esser nati, se non ci fosse toccato il bene
della redenzione. O meravigliosa condiscendenza della tua misericordia verso
di noi!
O inestimabile amore di carità! Per redimere il servo consegnasti il
figlio! O peccato di Adamo, certo necessario, che è stato cancellato
con la morte di Cristo! O colpa felice, alla quale fu concesso di avere tale
e tanto redentore!
O notte beata, alla quale sola fu concesso di conoscere il tempo e l'ora in
cui Cristo risuscitò dalla morte!
È questa la notte di cui fu scritto: e la notte sarà illuminata
come giorno, e ancora: la notte sarà la mia luce nella felicità.
E dunque la santificazione di questa notte fuga i delitti, lava le colpe e ridà
l'innocenza ai traviati, letizia agli afflitti; dissipa gli odi, procura la
concordia, piega le potenze.
Accetta dunque, padre Santo, in questa notte di grazia, il sacrificio vespertino
di questa fiamma che la santa Chiesa per mano dei suoi ministri a te porge in
questa solenne offerta del cero, frutto di operosità delle api.
Ma ormai conosciamo gli annunci di questa colonna che a onore di Dio la vivida
fiamma accende. Fiamma che, sebbene spartita, non conosce diminuzione della
luce distribuita: si alimenta delle molli cere che madre ape ha prodotto per
formare la materia di questa preziosa lampada.
L'ape è superiore a tutti gli altri esseri viventi che sono soggetti
all'uomo.
Pur molto piccola di corpo, rivolge tuttavia nell'angusto petto alti propositi;
debole di forze ma forte d'ingegno.
Essa, dopo aver esplorato l'alternare delle stagioni, allorché il gelido
inverno depose la canizie e poi il clima moderato della primavera spazzò
via il torpore glaciale, subito sente la preoccupazione di uscire al lavoro;
e le api sparse per i campi, librando leggermente le ali, si posano appena con
le agili zampe per cogliere con la bocca i piccoli fiori del prato, cariche
del loro vitto rientrano negli alveari e qui alcune con arte inestimabile costruiscono
cellette con tenace glutine, altre stipano il fluido miele, altre tramutano
in cera i fiori, altre danno forma ai loro piccoli lambendoli con la bocca,
altre incamerano il nettare delle foglie raccolte. O ape veramente beata e mirabile,
di cui i maschi non violano il sesso, né lo turbano i feti, né
i figli distruggono la castità; così come, nella sua santità,
Maria concepì vergine, partorì vergine e vergine rimase.
O notte veramente beata, che spogliò gli Egizi e arricchì gli
ebrei, notte in cui le cose celesti si congiungono con le terrene, Preghiamo
te, o Signore, affinché questo cero consacrato in onore del tuo nome
persista senza venire meno per dissipare le tenebre. Possa l'astro del mattino
trovare la sua fiamma (ancora accesa), quell'astro di Lucifero, dico, che non
conosce tramonto, quell'astro che, ritornando dagl'Inferi suole spargere sereno
la sua luce sul genere umano. Preghiamo dunque te, o Signore, (...)